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L'Arnica montana è una pianta officinale dalle riconosciute proprietà antidolorifiche, analgesiche antinfiammatorie e anti-ecchimotiche. Le popolazioni dell'arco alpino europeo utilizzano da sempre l'Arnica montana come rimedio naturale soprattutto per i traumi e i dolori muscolari e articolari.
Non a caso, uno dei nomi con cui viene chiamata è Fallkraut, che in tedesco significa "erba delle cadute". Ma vediamo nel dettaglio tutto quello che c'è da sapere su questa pianta.
Descrizione botanica
L'Arnica montana (Arnica montana L.) è una specie erbacea perenne rizomatosa appartenente alla famiglia delle Asteracee, alta 20-60 cm.
Le foglie basali sono lanceolate e disposte a croce. Il fusto è eretto semplice o con 1-2 coppie di rami opposti provvisti di 1-2 paia di foglie cauline. Le foglie appaiate dello stelo sono una delle caratteristiche che la distinguono nettamente rispetto ad altre specie appartenenti alla stessa famiglia e che l’escursionista non esperto può confondere.
I capolini presentano fiori esterni ligulati femminili e interni tubulosi ermafroditi, mentre i frutti sono acheni, di colore nerastro, pubescenti e sormontati da un piccolo pappo piumoso giallastro.
L'Arnica emana un caratteristico profumo che può essere utilizzato per distinguere la pianta da altre piante di montagna con fiori simili anche dopo che è appassita.
Specie e provenienze
Il genere Arnica è composto da ben 32 specie presenti in tutto il mondo, appartenenti alla famiglia delle Asteracee. Le specie di questo genere abitano l'emisfero settentrionale, soprattutto le aree montane e circumboreali. La massima diversità delle specie si ha nella parte occidentale del Nord America, mentre in Asia è presente nella parte settentrionale, a nord delle catene himalayane. In America del Sud la presenza è considerata naturalizzata.
L'Arnica montana invece è endemica in Europa, dalla Penisola Iberica alla Scandinavia e ai Carpazi, mentre è assente nelle Isole Britanniche. In Italia cresce spontanea sulle Alpi e sull'Appennino tosco-emiliano tra gli 800 e i 2200 m circa. Facilmente riconoscibile durante la stagione estiva per i suoi fiori giallo arancio, cresce su terreni magri e poveri di sostanze nutritive, nelle brughiere a rododendri e nelle praterie aride.
L'Arnica montana è spesso surrogata nei preparati officinali con l'Arnica chamissonis, la specie sorella americana, più facile da reperire ma più povera di principi attivi. Ancora più semplice per molti formulatori è l’uso negli estratti dell'Heteroteca inoluloides, volgarmente chiamata Arnica messicana, una pianta che cresce in Messico vagamente somigliante all’Arnica ma che non appartiene nemmeno al suo genere.
Gli habitat naturali e il rischio di estinzione
L'Arnica montana è una pianta poco esigente che cresce soprattutto nelle regioni di media e alta montagna. Predilige terreni acidi (pH 3,5-6,5), magri, argillosi, umidi ma drenanti. Evita invece i terreni ricchi di sostanze nutritive e calcarei. Gli habitat ideali sono i prati di montagna ben esposti e non fertilizzati, i boschi di conifere e le brughiere aride. Si presume che le aree marginali della brughiera e la zona subalpina siano le località primarie originarie.
Trattandosi di una tra le erbe medicinali più utilizzate al mondo, la crescente richiesta di mercato ha comportato uno sfruttamento degli habitat naturali dove questa pianta è sempre cresciuta spontanea, mettendo a serio rischio la sopravvivenza della specie. Secondo la IUCN (International Union for Conservation of Nature) l'Arnica montana non è ancora minacciata su scala continentale, ma in molti paesi europei la popolazione è calante, in alcuni ormai del tutto o quasi estinta.
Oltre a una massiccia raccolta del selvatico, altre cause della progressiva scomparsa sembrerebbero essere il cambiamento climatico e la conseguente perdita di habitat idonei, l'eutrofizzazione attraverso la fertilizzazione, la diffusione di specie vegetali competitive e il ridotto scambio genetico tra le popolazioni sempre più isolate.
Tentativi di salvaguardia della specie
Gli sforzi che stanno compiendo alcuni paesi europei per proteggere le popolazioni includono lo sfalcio tardivo dei prati, il pascolo estensivo per preservare gli spazi aperti (l'Arnica stessa è disprezzata dagli animali al pascolo in quanto tossica), il ripristino e l'ottimizzazione di prati dove già era presente l'Arnica e la creazione di fasce tampone per ridurre l'apporto di nutrienti.
Ancora poco sviluppata è invece la coltivazione, pratica di cui si discute da ormai molti anni ma che fatica a prendere piede. La bassa germinabilità del seme, l'elevata mortalità delle piante, la produttività imprevedibile a causa della variabilità dei suoli e delle stagioni e i costi molto alti per la conduzione di una coltura biologica scoraggiano i potenziali coltivatori.
Quello che si sta facendo in Europa
Una prova concreta di coltivazione di Arnica montana è stata fatta in Romania, che è uno dei principali siti di raccolta del selvatico, e i risultati sembrano essere stati incoraggianti (fonte KräuterABC). Prove invece di reinsediamento della specie sono state fatte in Germania nelle foreste della Bassa Sassonia, grazie a un progetto di cooperazione tra l'ente di gestione delle foreste demaniali e università (fonte lifePR).
In Francia, più precisamente nel Parco naturale Ballons des Vosges, altro importante sito di approvvigionamento di Arnica montana, la raccolta del selvatico da tempo è stata regolamentata secondo la Convenzione del Markstein. Questo accordo, che impone rigidi parametri di raccolta, sembra però non bastare per contrastare la drastica diminuzione dell'Arnica dai prati francesi (fonte L'Est Républicain).
L'esempio più significativo di coltivazione di Arnica montana ad oggi conosciuto in Europa è il nostro. Noi di ARMO1191 abbiamo lo scopo ben preciso di coltivare questa pianta per permettere a tutti di beneficiare delle sue straordinarie proprietà. In questo modo, evitando di raccogliere gli esemplari selvatici presenti sui nostri prati di montagna ma utilizzando nei nostri prodotti quelli da noi coltivati, cerchiamo di favorire lo scambio genetico affinché la specie possa riprodursi e sopravvivere.
Proprietà officinali dell'Arnica montana
Le sostanze che caratterizzano maggiormente l’Arnica montana sono i lattoni sesquiterpenici contenuti nei fiori. Fra questi, si attribuiscono proprietà analgesiche e antinfiammatorie all’elenalina e, in misura minore, alla diidroelenalina.
Alcuni studi dimostrano che la presenza di queste molecole è influenzata dal clima, dall’altitudine e dal tempo di raccolta, dalla cultivar messa a dimora o dalla variabilità delle popolazioni selvatiche.
Oltre ai lattoni sesquiterpenici sono state identificate finora ben 150 sostanze terapeutiche attive presenti nell’Arnica, quali flavonoidi, oli essenziali, carotenoidi, l’acido caffeico. All’Arnica montana sono riconosciute numerose attività, fra le quali segnaliamo quelle antitumorali, antifungine, antibatteriche e antiossidanti.
Tuttavia, un serio ostacolo allo sviluppo di medicinali a base di Arnica è la tossicità della pianta se ingerita, in particolare dell’elenalina. Per uso interno l’Arnica è largamente impiegata soltanto in omeopatia, ovvero a patto che sia ampiamente diluita.
L’uso topico esterno non presenta invece particolari controindicazioni, salvo la raccomandazione di non utilizzarla su cute lesa o ferite sanguinanti.
Campo e forma di impiego dei preparati a base di Arnica montana
Per l’uso topico esterno gli studi confermano che l’Arnica montana sia un valido aiuto in caso di contusioni, distorsioni, gonfiori a seguito di fratture, contratture, stiramenti, affaticamento, dolori muscolari e articolari ma anche nel caso di punture di insetto, foruncolosi e flebiti.
Un estratto vegetale a base Arnica montana può essere utilizzato per la preparazione di creme, gel, oli, tinture o unguenti. Per definire l'efficacia del preparato è importante conoscere la modalità di estrazione della pianta, il solvente utilizzato (olio, alcol, fluido supercritico, acqua) e le parti utilizzate (la concentrazione maggiore di principi attivi risiede nei capolini).
Una procedura fondamentale che stabilisce lo standard qualitativo di un estratto è la sua titolazione, cioè l'analisi che determina la concentrazione di principio attivo che è effettivamente espresso all’interno dell'estratto.
Origine del nome
Il nome Arnica deriva probabilmente dal greco ptarmike=starnutire, perché la radice e i fiori sono degli “starnutatorii”, contengono cioè sostanze capaci di irritare la mucosa nasale provocando starnuti ripetuti. In dialetto veneto e lombardo era conosciuta infatti come “erba starnudela”.
Sono tanti i nomi volgari dell’Arnica: da “erba benedetta delle montagne” a “erba delle cadute” a “tabacco di montagna” o “tabacco dei Vosgi”. Sul massiccio francese infatti, dove cresceva spontaneamente in gran quantità, le foglie essiccate e polverizzate erano spesso usate dagli abitanti della montagna come tabacco da fiuto o da pipa.
Cenni storici
Nonostante siano state ritrovate tracce di fiori di Arnica in un unguento oculare in una tomba romana a Colonia, i primi documenti scritti riguardanti questa pianta risalgono al Medioevo. È Ildegarda di Bingen, una monaca benedettina vissuta tra il 1098 e il 1179, a menzionare per la prima volta la pianta nella sua opera Physica con il nome di Wolfsgelegena.
Ildegarda, tuttavia, non era ancora a conoscenza delle proprietà curative dell'Arnica, ma riteneva comunque che avesse delle virtù magiche. Scrive infatti: «Quando un uomo o una donna arde d'amore, se qualcuno lo o la tocca sulla pelle con dell‘Arnica, allora si accende d'amore per l'altro. E quando l'erba secca, allora l'uomo o la donna divengono quasi folli per il fuoco d'amore, tanto che alla fine escono di senno».
Il nome Arnica appare invece per la prima volta negli scritti del botanico francese Carolus Clusius nel 1583, nel suo trattato sulla flora alpina austriaca e ungherese Pannonias observatorum Historiae. Verso la fine del Medioevo le proprietà curative di questa pianta erano ampiamente conosciute: l'Arnica infatti era divenuta un rimedio naturale, soprattutto nelle zone montuose dove era facile trovarla.
Altre indicazioni sugli usi di questa pianta ci arrivano anche da Goethe (1749-1832), che nella sua autobiografia Poesia e verità, racconta che contro i crampi cardiaci di cui soffriva si faceva regolarmente preparare una tisana a base di Arnica.
L'Arnica nella tradizione popolare
In un'epoca in cui le proprietà medicinali delle piante non potevano essere spiegate scientificamente, le persone credevano nei loro poteri mistici. Lo testimoniano alcuni vecchi nomi con cui veniva chiamata l'Arnica, come "fiore di lupo", "fiore di tuono" o "erba d'angelo".
Poiché si riteneva che la forma dei suoi fiori rappresentasse il sole, la pianta ha svolto un ruolo importante anche in molte usanze popolari legate al solstizio d'estate e al giorno di San Giovanni, il 24 giugno.
In questa data, infatti, gli antichi germani festeggiavano le nozze del dio Sole con la dea della Terra, affinché il raccolto estivo fosse abbondante (solo più tardi gli astronomi hanno scoperto che il solstizio d'estate cade più precisamente il 21 giugno). L'Arnica raccolta in quella giornata, inoltre, si diceva avesse particolari virtù curative.