Spesso ci si domanda cosa vuol dire fare agricoltura biologica, cosa comporta e quali impegni richiede. Nel nostro caso poi, dobbiamo fare i conti anche con un ambiente non facilissimo dove lavorare, cioè la montagna.
Vogliamo quindi portarvi la nostra esperienza e cercare di raccontarvi quali sono le sfide che abbiamo dovuto affrontare.
Trovare un terreno adatto
Una volta deciso di provare a coltivare l'Arnica montana (leggi qui per saperne di più su questa pianta) bisognava trovare il terreno adatto. Cosa non semplice, se si considera il fatto che questa pianta cresce tra gli 800 e i 2200m e necessita di un suolo acido.
Abbiamo risalito le pendici del monte Caseratte ai piedi dell'altopiano di Piancavallo (PN) muniti di piccone, e sondando diverse zone abbiamo individuato un fazzoletto di terra adatto alla nostra sperimentazione. È cominciata così la nostra avventura, precisamente a 1191m di quota.
Capito che quella poteva essere la zona giusta, avevamo bisogno di più spazio per allargare la coltivazione e cominciare a fare sul serio, e di un luogo che fosse il più possibile accessibile anche dai mezzi.
I terreni appena sottostanti, attraverso i quali si snoda la Passeggiata delle Malghe, sembravano prestarsi alla perfezione.
Le prime difficoltà
Essendo la coltura dell'Arnica poco più che sperimentale, nel corso degli anni abbiamo imparato diverse cose a nostre spese: una di queste è sicuramente che l'Arnica soffre tremendamente i suoli calcarei e la presenza dei sassi, non il massimo se si pensa che quello che caratterizza la nostra montagna è proprio questo.
Dopo averci rimesso buona parte delle piante dell'epoca, abbiamo prestato sempre più attenzione a individuare le aree migliori per la coltivazione.
Un altro bel problema (e ancora oggi è in fase di studio) sono state e sono tutt'ora le erbe infestanti. L'Arnica nel periodo estivo entra in competizione con altre specie, e alcune, se non tenute sotto controllo, hanno la meglio e rischiano di soffocarla.
Una grossa mano ce la danno i teli per la pacciamatura, che oltre a controllare le malerbe sono indispensabili in fase di piantumazione, perché con i loro fori ci aiutano a tenere sotto controllo il numero di piante a dimora e velocizzano la fase del trapianto senza dover prendere le misure a ogni fila.
Teli per la pacciamatura: indispensabili, ma ci hanno fatto impazzire!
Scegliere i teli pacciamanti giusti e capire come utilizzarli non è stato facile. L'Arnica è una pianta poliennale, dunque ci serviva un telo che resistesse nel tempo, che tenesse umido il terreno sottostante e che limitasse appunto le erbacce.
Quando abbiamo trovato quello giusto, ci siamo però misurati con l'ennesimo imprevisto: non esistono teli per la pacciamatura pre forati. Bisognava quindi trovare un modo per realizzare in breve tempo decine di migliaia di fori, che sarebbero poi serviti per ospitare le piante.
Abbiamo aguzzato il nostro ingegno e dopo diversi esperimenti abbiamo brevettato il nostro metodo stile catena di montaggio. Sembrava andare tutto per il meglio, ma le sorprese non erano ancora finite.
Per fissare i teli al terreno all'inizio usavamo i picchetti che ci venivano forniti in dotazione (per intenderci dei picchetti simili a quelli che si usano per fissare le tende in campeggio), ma presto si rivelarono inadatti alle nostre esigenze.
Alla fine dell'inverno, durante il disgelo, il terreno si gonfia di acqua, e quei picchetti sottili e fondi una quindicina di centimetri venivano letteralmente sputati fuori.
Vuoi vedere cosa significa coltivare Arnica montana biologica? Clicca qui e guarda il video!
Tutto questo, unito al vento forte che soffia tra marzo aprile, è stato il connubio perfetto per creare un bel disastro: picchetti sputati a metri di distanza a causa dell'effetto vela e teli volati via.
Rimettere tutto al proprio posto, cercando di centrare alla perfezione i fori con le piantine non è stato simpatico. Il nostro ufficio tecnico si è subito messo all'opera e alla fine abbiamo trovato una soluzione anche per questo.
La paura più grande: la grandine
Uno dei timori più grandi di tutti gli agricoltori è la grandine, e anche per noi è così. In passato c'è stata una tempesta spaventosa che ha riversato nella nostra vallata un'enorme quantità di ghiaccio nel giro di pochi minuti, radendo a zero ogni cosa.
Da quel momento abbiamo deciso di tutelarci investendo in prevenzione, cioè installando delle reti antigrandine progettate su misura per adattarsi al nostro terreno.
Anche questo è stato un lavoro che ha richiesto studio e ricerca perché più passa il tempo più ci rendiamo conto che fare agricoltura biologica in montagna non è facile e richiede il massimo impegno e un pizzico di inventiva.
La soddisfazione dell'agricoltura biologica
Vi abbiamo raccontato alcuni aneddoti sulle difficoltà che abbiamo incontrato e che incontriamo quotidianamente nella nostra attività, ma potremmo scrivere pagine intere.
Il 90% del lavoro che viene svolto sul campo è fatto a mano. Dal livellare il terreno con il rastrello a raccogliere i fiori uno per uno a stendere i teli per la pacciamatura, a volte ci si dimentica della storia che c'è dietro al prodotto finito (scopri qui i nostri prodotti).
Ma quando ci fermiamo e guardiamo quello che abbiamo fatto con le nostre mani, la soddisfazione cancella ogni sforzo e l'orgoglio spazza via ogni fatica. Lasciarsi incantare ammirando quella marea di fiori gialli giustifica tutto questo: le difficoltà di un'agricoltura biologica di montagna.